Lettere dal Fronte II – IIIC – IIID

Open Day 2020

Galizia, 18 novembre 1915

Cara Anna

mi mancate. Mi manca la nostra casa, il tuo sorriso, i pasticci combinati dai nostri figli. Erano piccoli quando sono partito per la guerra; adesso sono grandi e vanno a scuola. Siamo così lontani tra di noi, ma l’amore che ho per voi supera ogni distanza. Tutto il tempo penso a voi e alle sere trascorse in famiglia. Quanto mi mancano i momenti passati insieme, quando ogni piccola cosa ci rendeva felici. È stato un bellissimo sogno, adesso vivo un incubo. Da qualche giorno sto insieme ai miei compagni nelle trincee pensando che qua siamo al sicuro; ma ci siamo sbagliati. Un proiettile è volato sopra le nostre teste e si è fermato nel petto di un soldato che cadde rimanendo senza vita. Fuori fa freddo ed è nuvoloso. Il vento è gelato e la fame si fa sentire. Per un periodo non si sente più niente, forse i nemici si sono ritirati per prepararsi a una nuova battaglia. Il campo è pieno di neve e a malapena puoi camminare. Ad ogni passo inciampi sui corpi dei compagni defunti.  Ci portano da mangiare ma non basta per tutti, così ce lo dividiamo tra noi. Mangiamo in fretta perché non si sa mai quando saremo di nuovo attaccati. I nemici stanno tornando e combattiamo corpo a corpo. Lotto contro un soldato nemico e quasi riesco a sconfiggerlo ma questo mi prega di lasciarlo in vita perché ha da crescere 4 bambini. Questa cosa mi ha impressionato fino alle lacrime e l’ho lasciato scappare. Non ho idea di quando finirà questo incubo. Spero che fra qualche mese ritornerò a casa. Sappiate che ho un proiettile nel piede destro e che cammino difficilmente.  Voi che fate? Penso che è tutto più difficile senza di me soprattutto per i bambini che devono crescere senza un padre.  Anna, per favore parla ogni giorno di me ai bambini. Voglio che sappiano che hanno un padre che gli vuole un sacco di bene, che li porta in mente e in cuore sempre.  La notte sogno che siamo di nuovo insieme.  Mi auguro che questo sogno presto diventi realtà. Non riesco più a stare qui ma prego ogni giorno che questa guerra finisca presto e finalmente potrò tornare a casa. 

Tuo                           Antonio

Ciao tesoro… la notte, quando riesco a riposarmi e a pensare, mi torna in mente il suono della tua voce, il tuo profumo, le urla felici delle bambine che giocano. Penso è mi tornano in mente tutte le mie promesse. Ti avevo promesso di tornare presto,di festeggiare il tuo compleanno e di comprarti quelle scarpe rosse che desideravi tanto, rosse come il sangue che ogni giorno vedo calare dai volti dei soldati. Adesso, tutte le mie promesse e la mia felicità sono svanite in questo fucile e in questa divisa. Sono 2 mesi che combatto per la mia terra,la mia patria eppure non sento di farlo con orgoglio. Lotto con tutte le mie forze per i capricci e le pretese di un ragazzino che dovrei chiamare sovrano, ho lasciato la mia casa, la mia famiglia, la mia vita e questo inferno sembra non finire più. Sai, ho ucciso tanto, ho ucciso uomini che volevano come me soltanto tornare a casa, ho guardato i loro occhi mentre i proiettili li colpivano, e lo sento che in realtà non erano nemici. Erano nell’altra trincea ma ci giocavamo le stesse carte, nello stesso posto e con le mie stesse sofferenze. Ho tolto a loro il dono più prezioso. Lo so,lo immagino il dolore dei suoi cari,quando non tornerà a casa, quando non potranno nemmeno piangerlo nella tomba. Prego tutti i giorni che Dio mi perdoni. Qui fa sempre più freddo le mie gambe non reggono, molto spesso non riesco a stare in piedi , sento la pelle bruciare come se stesse per staccarsi . Il cibo scarseggia, e se mangiamo, mangiamo sempre cibi immangiabili,che per la fame riesco a divorare. Una notte ho sentito il mio compagno piangere gli sono andato vicino, cercavo di capire cosa avesse fatto, ma niente, lo sguardo assente e la voce tremante di paura riempiva il vuoto e diceva: “moriremo tutti, è nel peggior modo”. Il giorno dopo non lo vidi più dicevano che era diventato pazzo. Spero solamente sia tornato a casa e non rinchiuso in qualche manicomio o ucciso. Il suono assordante degli spari e dei cannoni rimbomba ancora nella mia testa e non credo di sentirci più come prima. Ho paura , ho paura di morire, di non veder crescere le mie bambine e di lasciarti da sola in questo mondo che ormai va a rotoli. Ho paura di non guardarti più con gli stessi occhi, se mai tornerò, di non essere più lo stesso. Non vedervi e non sentirvi mi distrugge sempre di più, ma a volte mi rincuora pensare che sotto lo stesso cielo non siamo poi così lontani. Le stelle, da questa trincea che sembra un buco nel terreno senza una via di uscita , sono le uniche  cose da ammirare, passerei ore a guardarle. Il mio essere sbadato stava per costarmi una mano: stavo per non mollare la presa della granata. Chissà quando uscirò da questa trincea, fantastico spesso il mio ritorno a casa. Se tornerò ti farò conoscere Lee,Scott e Paul ogni tanto riescono a strapparmi un sorriso con quelle canzoni sciocche che cantano. Ti piacerebbero sai?. Andrà tutto bene tornerò a fare il padre e il marito, sono vivo anche se un po’ malconcio spero solo che voi stiate bene . Di alle bambine che il papà gli vuole tanto bene e che tornerà presto, prega tanto per me io torno a riposare. Ci vediamo presto 

Tuo Friedrich 1 Gennaio 1916

Monte San Michele, 9 agosto 1916

Cari mamma e papà,

come state? Come vanno le cose lì da voi? Qui, all’ospedale da campo, la situazione va sempre peggiorando; ogni giorno vengono portate decine di feriti in pessime condizioni. Oggi, per esempio, abbiamo accolto un ragazzo molto giovane, ferito in maniera grave ad una gamba; purtroppo penso che gli verrà amputata, spero di non essere proprio io a dover assistere all’operazione, anche se non è la prima volta che devo aiutare il chirurgo in un intervento del genere. È che vedere un giovane perdere la gamba è tanto più doloroso, perché penso che la sua vita non sarà più la stessa. Cari genitori, non vedo l’ora che questa guerra finisca presto; sono molto stanca, perché non ho tempo per riposarmi, nei momenti in cui la situazione sembra più calma, nelle orecchie il rumore delle bombe, degli spari e i lamenti dei feriti mi impediscono di prendere sonno serenamente. Ogni giorno prego Dio che dalla radio arrivi la notizia che la guerra è finita, non mi importa di chi sarà la vittoria, voglio solo che tutto questo finisca e io possa tornare presto a casa per riabbracciarvi, mi mancate tanto, mi mancano quei bei pomeriggi trascorsi accanto al nostro camino mentre mamma riparava i calzini di papà ed io leggevo un libro, mi manca tanto quella serenità: qui si vive sempre in ansia, con la paura che bombardino anche questo campo. Chissà se quando tornerò a casa la mia vita sarà ancora la stessa, forse per molto tempo continuerò ad avere nelle orecchie questi orrendi rumori e queste grida spaventate. Mi chiedo davvero se riuscirò a dimenticare tutto questo. Non voglio spaventarvi, ma ieri abbiamo sentito cadere una bomba proprio qui vicino, ho avuto tanta paura perché ho pensato che il nemico si stesse avvicinando, ma poi non ci sono stati altri bombardamenti qui intorno. Sono quasi felice che papà sia di salute malferma al momento, altrimenti avrei avuto sempre la paura di ritrovarmelo qui, ferito. Purtroppo la mia pausa è finita, devo tornare al mio dovere; spero di ricevere presto una vostra lettera per avere vostre notizie.

Vi voglio bene, la vostra Rachele

Cara Marilena oggi 23 maggio 1916 sono qui a scriverti dalla trincea questa lettera e a raccontarti tutto quello che ho vissuto fino ad oggi. Sai, mi manchi molto… mi mancano anche i nostri tre figli che ormai non vedo da circa un anno e sono davvero triste perché non li vedo crescere e mi dispiace molto che loro passino questo tempo senza il loro padre. Ma che ci posso fare alla fine, se è scoppiata questa inutile guerra, a volte mi pare che i comandanti dei vari paesi siano solo dei bambini che giocano però non sanno che questo gioco è la vita e che la stanno rovinando a migliaia e migliaia di persone innocenti che non vedono l’ora di arrivare a casa sani e salvi ad abbracciare la propria famiglia. Oramai mi sento debole mi dispiace dirlo ma è così ma ti prometto che metterò tutto me stesso, tutte le mie forze, tutta la mia grinta per superare questo momento e uscirne vincitore insieme a tutta l’Italia, la Francia e l’Inghilterra. Ora voglio raccontarti quello che è successo in questo ultimo mese. Inizio nel dire che sono successe poche cose, perché si diciamocelo cosa mai potrebbe succedere in una guerra se non vedere morti su morti e ancor morti… ti dico che ho visto morire davanti ai miei occhi Giovanni senza poter fare nulla, non puoi capire quanto ci sono stato male ti dico solo che mi è scesa una lacrima dalla guancia e come anche tu sai è cosa rara che io pianga. È stato preso da un lancio ben pianificato che ha colpito anche altri compagni però per fortuna a me. Penso che al posto di Giovanni ci sarebbe dovuta essere un’altra persona ad esempio quei miseri capi che hanno fatto scoppiare questa guerra… non puoi capire quanta rabbia abbia avuto in quel momento. Ti prego cara moglie avvisa la famiglia di Giovanni dell’accaduto. Ora ti racconterò di quel momento in cui il sergente mi ha chiamato davanti a tutti e ha detto: “Io vedete lui, bene è solo uno come voi però lui ci mette tutto se stesso per sconfiggere questi nostri nemici. È uno come voi… però lo fa per la sua patria, per sua moglie quindi ora datevi una svegliata e andate a rendere fiera l’Italia”in quel momento mi sono sentito onorato da una parte ma da un’altra no perché se ci stai a pensare non faccio nulla di bello, nulla che mi renda felice solo sparare alle persone e questa cosa non è affatto bella anzi, vedere quei corpi per terra è una vera e propria tortura… tutta questa guerra, tutta questa situazione mi fa un lavaggio del cervello e non mi fa provare più le emozioni di prima il mio unico pensiero è o vivi o muori e giuro che vorrei tornare alla mia vita normalissima, a provare le emozioni belle, a stare con voi ma non posso. L’ultima cosa che voglio dirti è che stiamo vincendo quasi tutte le battaglie con le nostre forze e ne vado fiero; ciò significa che presto torneremo a casa suppongo e potremo vederci. Ho solo un pensiero che però mi divora da giorni e vorrei condividere con te, perché questa guerra perché tutti queste persone sacrificate la mia domanda è “perché sta succedendo ciò?” una risposta vera e propria non me la sono data però so che ogni volta che c’è una guerra il nostro mondo ha una evoluzione diciamo perché vengono creati nuovi macchinari anche se sono per la guerra. Non è una risposta sensata te lo dico però so che porterà ad un futuro magari migliore per noi italiani. Con ciò ho finito e ti dico cara moglie ti amo tanto, sei l’essenziale per me e amo tanto anche i nostri figli non vedo l’ora di rivedervi e abbi cura di loro, so che è un periodo brutto però passeremo questo periodo tutti insieme.

Con affetto Giorgio

Ospedale da campo di Bassano del Grappa, 4 dicembre 1916

Cara sorella,

sono qui seduta a scrivere una lettera che nemmeno so se ti arriverà mai o se leggerai tutta…magari la bruceranno, magari verrà stracciata, o forse persa. Solo oggi sono riuscita ad acquistare il coraggio di scrivere alla sorella che ho lasciato senza salutare, senza una parola, molti mesi fa. Solo oggi, seduta su questa sedia, scrivo a colei che si è sempre schierata contro di me ed il mio sogno di diventare una crocerossina e ora, solo ora, capisco il perché di quel tuo continuo “No”. Quando sono riuscita ad entrare a far parte delle crocerossine, ero talmente felice che il sorriso non andava dal mio volto e, invece, la tristezza sul tuo sembrava aumentare ad ogni passo che ci allontanava. Qui i feriti sono sempre di più, e delle morti non oso parlare: quella felicità che provavo si è tramontata in tristezza ed impressione di ciò che i miei occhi ogni giorno sono costretti a guardare. Oramai il sangue lo vedo dappertutto, in ogni luogo: ogni giorno il mio cuore ha una crepa in più e ogni giorno i miei occhi hanno voglia solo di chiudersi. A volte troviamo morti per assideramento, altre volte per asfissia per non parlare delle ferite e delle mutilazioni. Ho una gran voglia di scappare da qui. Penso a quella povera gente che come me è partita col sorriso ma poi non oso raccontarti cosa sia successo. Le pareti di questo ospedale, così improvvisato e fatiscente, sembrano sempre le stesse, i giorni non passano mai, non è da molto tempo poi che sono venuta a conoscenza di una brutta notizia, della perdita, cioè, di una mia amica, forse la migliore che abbia mai avuto qui. Hanno bombardato l’ospedale dove prestava servizio e curava, come me, quei poveri soldati in pericolo di vita. Dopo la notizia di questa morte sono riuscita a sentire quella sensazione di paura anche io, sono riuscita a sentire il pericolo e a respirare la nostalgia di casa, la mancanza di una sorella maggiore che non che non avrebbe mai voluto vedere triste, quella che anche dopo la morte dei nostri genitori è sempre stata forte ed ora sto scrivendo per augurarti quella forza che hai sempre avuto e che spero non ti venga mai a mancare. Lo so che solo ora le scuse non servono a nulla, ma voglio chiedere il tuo perdono per essermene andata voltandoti le spalle. Ti auguro il meglio, di vivere ed essere felice in ogni caso, e se questa lettere non arriverà mai, non preoccuparti, perché pregherò affinché tutto quello che sto ora scrivendo tu lo senta nel cuore.

La tua sorellina Chiara

Asiago, 11 novembre 1918

Buongiorno Francesca,

ho una notizia importantissima da darti. Ti scrivo solo ora, ma da quando la guerra è cominciata non ho avuto tregua: tu non puoi neanche immaginare l’orrore che hanno visto i miei occhi, ma fortunatamente quelle spietate armi hanno cessato di uccidere ed i soldati non hanno più nulla da temere…la guerra è finita! Posso finalmente tornare da te! Stento a crederci anche io, eppure è così. Tutti temevano la morte, ma non tutti sono morti. Neanche io so spiegare le emozioni che provo: sento una grande gioia, allo stesso tempo provo un grande rimorso per tutte quelle persone che sono state uccise per mano mia. Prima di questa guerra non avrei mai pensato di fare così tanti morti, neanche uno. Penso alle loro famiglie, che non avranno neanche un corpo su cui piangere. Io quelle persone me le ricorderò a vita, ma non potranno mai essere riportate su questa terra. La guerra non è bella, la guerra è cattiva, ma adesso è finita ed io sono vivo, nonostante tutto. Se tu non mi vedrai tornare non disperare, mia cara, sarò su uno di questi benedetti treni che si guastano di continuo. Non vedo l’ora di rivederti, sappi che tornerò presto, il tuo Fausto.

Ospedale da campo di Caliam, 27 maggio 1916

Ciao mamma, ho solo venti minuti per scriverti questa lettera, quindi cercherò di sbrigarmi. Mamma, ho paura: qui è un inferno: vengono soldati feriti ogni minuto durante gli attacchi, e contano tutti su di me, ho paura di deluderli. Soldati che rinunciano a tutto pur di salvare o liberare la propria patria. Questa mattina è arrivato un soldato gravemente ferito: ho cercato di fare del mio meglio, ma non ci sono riuscita: è morto. Non mi sento più pronta per questo lavoro, ho paura di far morire altre persone, come è accaduto questa mattina. Ho urgentemente bisogno di un tuo abbraccio, uno di quelli forti, e di quelle parole molto incoraggianti che mi dici sempre tu: ho bisogno di sapere che sono ancora forte, che non devo lasciarmi abbattere mai. Mi hai sempre ricordato che quello che faccio è per il bene di altre persone. È grazie a queste tue parole che mi sento me stessa, che sento di fare il mio dovere per la nostra patria. Sto sentendo il rumore di cannoni…mi hanno chiamato, devo andare mamma, ricordati che ti amo e salutami tutti. La tua principessa, Laura

Sacrario Militare di Caporetto

Zona di guerra del Carso, 29 agosto 1915

Amata mamma,

se stai leggendo questa lettera vuol dire che sono già morto. Volevo dirti che mi manca la tua bella voce e quel buonissimo cibo che prepari. Qui il cibo scarseggia e mangiamo cose immangiabili, anche se, in realtà, dopo un po’ ci facciamo anche l’abitudine. Ce la passiamo molto male, mamma, io, come del resto gli altri, stiamo impazzendo perché combattiamo gli austro-ungarici ed ogni volta perdiamo e perdono molti uomini. Le condizioni igieniche sono pessime: il bagno è una buca, lavarsi è impossibile. In più, dentro queste trincee passano dei ratti enormi! Mamma, io passo questi giorni in trincea come fossero gli ultimi, ormai ho paura di affacciarmi perché non voglio morire per un colpo di fucile o di baionetta. Non voglio pensarci. Come stanno i piccoli Carlo e Sofia? Di’ loro che mi mancano e che se non dovessi tornare, devono studiare e aiutarti nelle faccende di tutti i giorni. Mamma, anche se sono un uomo, devo ammetterlo: ho paura, mamma, mi servirebbe il tuo conforto. Mi sono fatto anche degli amici qui in trincea, sai? Ti salutano anche loro, ti abbracciano con affetto. Con questa lettera spero di non averti fatto commuovere, perché io ti conosco, so che sei una donna forte, ma con un grande cuore. Tuo figlio Roberto

Dobrugia, 22 settembre 1916

Cara mamma, ti sto scrivendo questa lettera nel bel mezzo di questa guerra, per dirti che sto abbastanza bene: ho solo qualche graffio, per ora. Il nemico è in agguato e colpisce quando meno te lo aspetti; tuttavia, mi sento lo stesso bene. È appena esplosa una bomba, ma sta’ tranquilla, sono abituato ormai. Volevo chiederti come stai e come si sta a Bucarest, qui non arrivano buone notizie purtroppo. Spero di tornare tra qualche mese, anzi, ti prometto che farò di tutto perché ciò avvenga, fidati. Se ti stai chiedendo come sta mio fratello Andy, sta bene, anche meglio di me, però ieri sera, mentre ci stavamo preparando per la notte, è scoppiato in lacrime: non ce la fa più; io l’ho consolato e gli ho detto che tutto andrà bene, che ogni giorno troveremo delle risorse per sopravvivere. Lui ha soltanto 20 anni, è la sua prima volta sul campo di battaglia; io invece di anni ne ho 27, ho un po’ di esperienza in più rispetto a lui, è da quasi un anno che sono in trincea. Santo Cielo!, ho appena saputo che è morto uno dei nostri commilitoni, temo che il tempo per questa lettera stia finendo, proverò a scriverla il più velocemente possibile. Vorrei chiederti come sta papà, con la sua malattia. Domani partiremo verso Cracovia per allontanarci dai tedeschi che sono troppo forti per noi. Qualche giorno fa un nemico mi ha accoltellato, ma per fortuna sono riuscito a difendermi; aveva del cibo in scatola e due borracce d’acqua, sono riuscito a prenderle. Adesso devo davvero salutarti qui: vi voglio bene, mamma e papà, vi prometto che io ed Andy torneremo insieme, sani e salvi.

Con amore, Patrick

Campo sesto sull’Isonzo, 24 giugno 1915

Ciao amore,

non piangere quando leggerai queste mie parole, mi manchi sempre di più. Mi rammarico moltissimo nel pensare che tutto ciò che stavamo costruendo nella nostra vita verrà presto distrutto: avremmo potuto metter su una famiglia, andare a fare ancora la spesa insieme e molto altro…ma spero che tu stia meglio di me. Qui è un vero inferno: l’allarme suona in continuazione, il rumore delle armi è sempre più frequente, il cibo sempre meno e i feriti aumentando di giorno in giorno. La mia salute scarseggia: inizio a svegliarmi la notte, col pensiero che presto suonerà nuovamente l’allarme, inizio a sudare freddo e purtroppo avverto dei forti dolori alle ossa. Spero solo che tutto questo possa finire il prima possibile e che io possa tornare a casa sano e salvo. Purtroppo anche quando ti scrivo il caos mi sovrasta: vedo soldati feriti, altri perdere il senno e altri ancora che come me ripongono la loro speranza in queste lettere per i propri cari. La nostra salvezza sono le crocerossine, sempre pronte ad aiutarci, ed il nostro cuoco, che nonostante le risorse di cibo scarseggino, non ci fa mai mancare nulla. Spesso ci ripetono che tutto questo è per proteggere la nostra patria, le nostre mogli e i nostri figli; questo ci consola molto. Oh, mia cara amata, ci stanno attaccando ancora, ma io sono determinato a concludere questa lettera. Nel frattempo vedo i soldati che corrono agli armamenti e sto ricevendo anche molte spinte, poiché, nella corsa si è talmente preoccupati ed impauriti da non renderci nemmeno conto di chi ci sia intorno a noi. Le crocerossine già hanno molti feriti da curare e i rumori degli allarmi, degli aerei e dei cannoni sono sempre più assordanti. Fortunatamente la nostra trincea non è delle più piccole, spostarsi è abbastanza agevole. Però, mia cara, prima di andare, vorrei dirti che ti ho amata e che ti amerò per sempre, anche se dovessi precederti nell’aldilà. Con te ho vissuto esperienze davvero uniche, che non…TAPUM! Sapevo che sarebbe finita così, sono stato colpito…ormai non soffrirò più…sarò lassù ad aspettarti e da questo momento in poi ti farò da angelo custode: vedrò la tua maturazione, il tuo nuovo uomo, quei bambini che tanto desideravamo. La cosa per la quale sono più dispiaciuto è che ti vedrò soffrire per me, con un velo nero che coprirà il tuo volto, con quello sguardo spento, con quella faccia pallida e le labbra di un rosa troppo chiaro. Cara amata, godi la vita, ricomponila e dimenticati di me. Questa volta siamo caduti troppo in basso ed è proprio questa volta che dovrai rialzarti da sola…io ci sarò sempre,

tuo Tonino

San Martino del Carso – Comando Austriaco

Base prima della Somme, 27 settembre 1916

Cara Marie,

è da tanto che non ho tue notizie, mi manchi. Voglio tornare a casa. Ogni giorno muoiono decine di soldati ed il triplo restano feriti. Qualche giorno fa i tedeschi hanno bombardato una parte della trincea…le crocerossine stanno facendo del loro meglio, accanto ai medici, negli ospedali da campo, ma chissà quanti ancora ne morranno? Alcuni dei corpi, in fin di vita, dei soldati non recuperati sono stati seppelliti dal fango e dalla melma. Anche noi spesso rimaniamo bloccati nella terra bagnata, per giorni interi. Se non ci fossero le pale, saremmo tutti seppelliti vivi. Basta ora parlare di me, come stai? L’ultima volta che ci siamo visti eri malata. Spero che tu stia meglio ora; appena questo inferno sarà finito, tornerò subito a casa. Sono partito pensando di tornare a Natale, ora c’è il rischio che io non torni più. Rischio anche di essere fucilato per aver esitato a premere il grilletto verso un nemico. Ma quale nemico? Questo povero ragazzo era giovanissimo e non me la sono sentita di sparare. Il comandante mi ha lanciato un’occhiataccia e ha sparato lui al giovane soldato. Poi se ne è andato come se non fosse successo niente; adesso ho paura, ma devo continuare a stare qui. Sei la mia unica motivazione in questo orribile ed indesiderato viaggio nel Tartaro della civiltà attuale. Ora devo lasciarti, tra poco quella maledetta campana ricomincerà a tintinnare, segnalando un nuovo attacco.

Non darti pena per me, ti abbraccio, Luc

Hanno scritto:

Lettera di Gilbert Cosmina Francesca Roman
Lettera di Julie Giulia Ferreri
Lettera di Massimiliano Massimiliano Bonanni
Lettera di Andreas Andrea Cocchieri
Lettera di Carlo Arianna Mancini
Lettera di Valeria Valeria Meloni
Lettera di Jean Garcon Luca Cristino
Lettera di Piero Dhaina Romano
Lettera di Andrea Andrea Carchella
Lettera di Rachele Rachele Cerini
Lettera di Federico Federico Tornese
Lettera di Chiara Chiara Golia
Lettera di Antonio Sofia Neamtu
Lettera di Fausto Lorenzo Floro
Lettera di Giorgio Diana Preda
Lettera di Laura Dayana Prada
Lettera di Friederich Francesca Macaluso
Lettera di Roberto Roberto Balice
Lettera di Patrick Robert Mihai
Lettera di Tonino Giulia Angelini
Lettera di Vittorio Danilo Fazzalari
Lettera di Friedrich Victor Sushko
Lettera di Luc Fabiano Tosoni